Radar, aerei ed esercitazioni in Sardegna. Ecco la partnership militare Italia-Israele
Secondo un documento della Difesa, gli F-15 e gli F-16 dell'Israeli Air Force sono attesi al poligono di Capo Frasca (Oristano): sganceranno bombe inerti da una tonnellata. La cooperazione militare tra Roma e Gerusalemme comprende la fornitura di sensori radar "Gabbiano", prodotti dalla Selex Galilelo e montati sui droni, e i cannoni navali da 76mm prodotti dalla Oto Melara: tutti armamenti utilizzati nella guerra a Gaza
di Enrico Piovesana | 31 luglio 2014
I cacciabombardieri israeliani voleranno presto dai cieli di Gaza a quelli della Sardegna per condurre esercitazioni di bombardamento insieme all’aviazione italiana e Nato. La notizia lanciata giorni fa dall’Unione Sarda sulla base di documenti militari ufficiali, trova conferma nelle informazioni ottenute dal IlFattoQuotidiano.it. Il “Programma esercitazioni a fuoco secondo semestre 2014″ del Reparto Sperimentale Standardizzazione al Tiro Aereo – Air Weapon Training Installation (Rssta-Awti), datato 3 marzo 2014, prevede che gli F-15 e gli F-16 dell’Israeli Air Force vengano al poligono di Capo Frasca (Oristano) a sganciare bombe inerti da una tonnellata.
Il
documento non specifica le date della trasferta israeliana, ma lo
Stato Maggiore della Difesa e l’Aeronautica Militare confermano la
presenza programmata dell’aviazione israeliana in Sardegna per
l’annuale esercitazione bilaterale “Vega” che solitamente si
tiene tra ottobre e novembre
con base all’aeroporto militare di Decimomannu
(Cagliari), da cui dipende il campo di bombardamento di Capo Frasca.
Il ministero della
Difesa, interpellato in merito, non ha rilasciato commenti. La
questione è stata sollevata anche al ministero degli Esteri in un
incontro tra il vice della Mogherini, Lapo
Pistelli, e
le associazioni pacifiste e disarmiste che chiedono al governo
italiano lo stop immediato al supporto militare e alle forniture
belliche a Israele, illegali per la legge italiana in quanto
destinate a un Paese in guerra. Forniture che non si limitano agli
ormai noti
cacciabombardieri da addestramento M346 dell’Alenia Aermacchi –
utilizzabili anche in “ruoli operativi”
– ma che riguardano anche sistemi d’arma che già oggi vengono
usati da Israele nella Striscia di Gaza.
Tra questi i
potenti cannoni navali da 76 millimetri prodotti dalla Oto
Melara
(Finmeccania) montati sulle motocannoniere israeliane classe
Sa’ar e
ampiamente utilizzati in questi giorni per martellare la Striscia dal
mare. Un altro esempio sono i sensori
radar Gabbiano
prodotti dalla Selex
Galilelo
(Finmeccanica), fondamentale equipaggiamento dei micidiali droni
israeliani Hermes,
regolarmente usati a Gaza per compiere bombardamenti missilistici –
per la gioia dell’azienda produttrice
Elbit, le
cui azioni sono salite alle stelle dall’inizio del nuovo conflitto.
Esercitazioni
aeree congiunte e forniture militari rientrano nel quadro degli
accordi bilaterali di cooperazione
militare
stretti tra Roma e Tel Aviv nel 2005 (governo Berlusconi) e nel 2012
(governo Monti): accordi di cui in questi giorni di guerra le
opposizioni, Sel
e Cinquestelle,
chiedono l’immediata sospensione.
Armi e sistemi bellici, Italia primo fornitore Ue di Israele. Rete Disarmo: “La smetta”
"Nel 2012 rilasciate autorizzazioni per 470 milioni di euro per l’esportazione di sistemi militari verso lo Stato israeliano", spiega Giorgio Beretta, analista dell'Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere e Politiche di Sicurezza e Difesa: più del doppio di quanto totalizzato insieme da Germania e Francia. L'organizzazione: "Vendiamo armi a una delle parti in conflitto, come possiamo essere mediatori?". Appello dei deputati Pd: "Serve un embargo immediato"
di Giusy Baioni | 16 luglio 2014
L’Italia
supera Francia
e Germania messe
insieme nell’export di armi
verso Israele: tra i paesi dell’Ue siamo di gran lunga il primo
fornitore
di sistemi militari dello Stato israeliano, con un volume di vendite
che è oltre il doppio di quello totalizzato da Parigi o Berlino.
Anzi, da soli quasi eguagliamo Francia, Germania e Regno Unito. Lo
dicono i dati dell’Osservatorio
Permanente sulle Armi Leggere e Politiche di Sicurezza e Difesa.
Numeri eloquenti, tanto più in questi giorni di guerra. Ed è per
questo che la Rete
Italiana Disarmo
chiede un embargo immediato sulla vendita di sistemi d’arma a
Israele: lo fa con un appello al presidente del consiglio Matteo
Renzi
e al ministro degli Esteri Federica
Mogherini,
che proprio ora si trova in missione in Medio
Oriente.
Appello a cui ieri hanno aderito alcuni deputati Pd guidati da Pippo
Civati (Davide
Mattiello, Luca Pastorino, Giuseppe Guerini, Paolo Gandolfi, Veronica
Tentori) e la senatrice democratica Lucrezia Ricchiuti.
“L’Italia –
spiega Giorgio
Beretta,
analista dell’Opal – è il maggiore esportatore dell’Unione
europea di sistemi militari e di armi leggere verso Israele: si
tratta di oltre 470
milioni di euro
di autorizzazioni per l’esportazione di sistemi militari rilasciate
nel 2012 (dati del Rapporto UE) ed oltre 21
milioni di dollari
di armi leggere vendute dal
2008 al 2012
(dati Comtrade)”. In percentuale,
oltre il 41%
degli armamenti regolarmente esportati dall’Europa verso Israele
sono italiani. Secondo l’Osservatorio, solo negli ultimi tre
anni si parla di
3,4 milioni di euro,
a cui vanno aggiunti oltre 11,2
milioni
di armi leggere non militari (difesa personale, sport, caccia),
prodotte ed esportate per l’82% (cioè 9,2
milioni
di euro) dal distretto armiero di Brescia
e Val
Trompia.
Nel corso degli ultimi tre anni le vendite autorizzate di armamento
verso il governo di Tel Aviv hanno riguardato in particolare armi di
calibro superiore ai 12,7 mm e aeromobili, sistemi d’arma ad
energia diretta e apparecchiature elettroniche. Tra le imprese
coinvolte figurano Simmel
Difesa,
Beretta, Northrop Grumman Italia, Galileo
Avionica,
Oto Melara ed Elettronica
spa.
«Nel maggio
2005, durante il
terzo governo Berlusconi
– prosegue Beretta – l’Italia ha ratificato un “Accordo
generale di cooperazione tra Italia e Israele nel settore militare e
della difesa”. Come altri accordi simili, anche quello con lo Stato
di Israele definisce la cornice della cooperazione militare in
diversi aspetti (misure gli scambi nella produzione di armi,
trasferimento di tecnologie, formazione ed addestramento, manovre
militari congiunte e ‘peacekeeping‘),
ma l’intento principale è quello di facilitare la collaborazione
dell’industria per la difesa italiana con quella israeliana. A tale
accordo ne ha fatto seguito un altro: si tratta dell’accordo
firmato nel 2012 – durante il governo Monti – “per la fornitura
ad Israele di velivoli per l’addestramento al volo e dei relativi
sistemi operativi di controllo del volo, ed all’Italia di un
sistema satellitare ottico ad alta risoluzione per l’osservazione
della Terra (OPTSAT -3000) e di sottosistemi di comunicazione con
standard
Nato
per alcuni velivoli dell’AMI”.
L’ultimo
esempio in ordine di tempo della nostra “collaborazione strategica”
con Israele risale a pochi giorni fa: mentre era già in corso
l’offensiva israeliana su Gaza,
il gruppo italiano Alenia-Aermacchi (gruppoFinmeccanica)
consegnava a Tel Aviv due M-346:
“Sono due aerei addestratori – ci spiega Francesco
Vignarca,
coordinatore nazionale di Rete Disarmo – e come tali sono stati
venduti e acquistati, ma sappiamo dalle loro schede tecniche che
possono essere anche configurati come bombardieri
leggeri“.
In Israele li hanno già soprannominati “lavi”, che significa
“leone”. Sul sito ufficiale della Israeli
Air Force,
se ne annuncia l’arrivo salutandolo come l’inizio di “una nuova
era”: “I nuovi aerei porteranno un cambio significativo
nell’addestramento delle future generazioni di piloti dell’IAF e
dei sistemi d’arma ufficiali, nonché nelle procedure di formazione
di tutta l’aviazione”. La consegna dei due velivoli è la prima
trance di una commessa di 30 aerei: la vendita si iscrive
nell’accordo di cooperazione militare siglato nel 2005 sotto il
governo Berlusconi.
Le implicazioni
politiche, secondo gli osservatori, sono evidenti: “Noi vendiamo
sistemi d’arma a una delle due parti in conflitto, quindi non
siamo equidistanti
e la nostra posizione come mediatori ne è inficiata”, prosegue
Vignarca.
Ma non è
tutto. Ai dati certi si aggiungono altre considerazioni: “Abbiamo
venduto anche molte armi leggere ai paesi dell’area mediorientale.
Nel caso della Siria, come abbiamo denunciato mesi fa, sappiamo che
molte di queste armi sono confluite all’interno del paese. Lo
stesso possiamo pensarlo per la Palestina. Non abbiamo prove in
questo momento, ma in passato le abbiamo avute: le armi leggere hanno
una circolazione carsica, sono molto meno controllabili. E finiscono
dove c’è richiesta. Come in Iraq, quando i terroristi sparavano
contro i nostri carabinieri con delle beretta”.
“Non va
dimenticato – conclude Beretta – che l’Italia non solo esporta,
ma anche importa
armi da Israele, che negli ultimi due anni hanno superato il valore
complessivo di 50,7
milioni
di euro, la qual cosa ne fa il quarto fornitore del nostro ministero
della Difesa. La
Simmel,
ad esempio, importa componenti per bombe e la Beretta
componenti per armi automatiche, come particolari modelli di pistole
e di mitragliatori”. Per queste ragioni la Rete Italiana
Disarmo chiede con forza “la sospensione dell’invio di sistemi
militari e di armi nella zona. Il nostro Governo, che in questo
semestre ha l’incarico di presiedere il Consiglio
dell’Unione europea,
si faccia subito promotore di un’azione a livello comunitario per
un embargo europeo di armi e sistemi militari verso tutte le parti in
conflitto, per proteggere i civili inermi e riprendere il dialogo tra
tutte le parti”. Secondo loro, inoltre, tutto ciò avviene in
aperto contrasto con la nostra legislazione relativa all’export di
armamenti, che prevede (proprio nel primo articolo) l’impossibilità
di fornire armamenti “a Paesi in stato di conflitto armato o i cui
governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni
internazionali in materia di diritti umani, accertate dai competenti
organi delle Nazioni Unite, dell’UE o del Consiglio d’Europa”.
MOVIMENTO
5 STELLE PARLAMENTO EUROPEO.
ANCORA
UNA VOLTA DIMOSTRIAMO CHE NOI VOGLIAMO LA VERA GIUSTIZIA, COSA CHE
SOLO UNO ONESTO METTE PRIMA DI TUTTO, COSA CHE NON INTERESSA QUANDO
UN GOVERNO FATTO DI ASSASSINI E IPOCRITI, E LA SCUSA CHE LA GIUSTIZIA
APPESANTIREBBE IL LAVORO DEL SEMESTRE ITALIANO è DA GALERA.
IGNAZIO
CORRAO - PORTAVOCE M5S EUROPA
“APPREZZIAMO
LE IDEE E GLI SFORZI PER MIGLIORARE GLI AIUTI UMANITARI , MA NON
SAREBBE IL CASO DI INDIVIDUARE NEI PAESI PIU DISAGIATI, LE CAUSE
DEGLI SFRUTTAMENTI E DELLE GUERRE E FAR PAGARE I DIRETTI
RESPONSABILI?”
LAPO
PISTELLI – VICEMINISTRO ITALIANO DEGLI AFFARI ESTERI
“NON
E OPPORTUNO SOVRACCARICARE LE INIZIATIVE DELLA PRESIDENZA ITALIANA.
QUESTA PRESIDENZA HA AMBIZIONI PIU MODERATE, DIFFICILMENTE SI POSSONO
INTRAPRENDERE QUESTO TIPO DI AZIONI. SONO SOLO 6 MESI...”
GRILLINO
INCAZZATO – MOLTO INCAZZATO
“CERTO
NON è MAI OPPORTUNO CERCARE DI FARE COSE CONCRETE SPECIALMENTE SE
NON TI PERMETTONO DI FARE IL CRIMINALE. NON SAPEVO CHE IL SINONIMO
DI MODERATO FOSSE CODARDO E VIGLIACCO, NON DICEVATE VOI CHE DOVEVAMO
LASCIARE IL SEGNO? FORSE INTENDEVATE UNO DI MATITA, COSI QUELLI DOPO
POSSONO CANCELLARLO. IL TEMPO SARA SEMPRE POCO SE PRIMA BISOGNA
TOGLIERE LA VOSTRA MERDA, VI CAPISCO DATO CHE SONO QUASI 2 ANNI CHE
DOVETE RIPERTARE A CASA I 2 MARO, POI ALTRI 2 ANNI CHE MAGARI SE VI
FOSTE UNITI AL PROCESSO FORSE SCHITTINO ORA SAREBBE IN GALERO E NON
LIBERO A FARE IL DIVO, MENTRE VOI FATE LE FINTE LACRIME VERSO LE
VITTIME.”
ALLORA
DOMANDO AI VOTANTI PIDINI QUANDO è IL TEMPO DI CERCARE E INCARCERARE
QUELLI CHE CREANO QUESTE CARNEFICINE?
TANTO
TRA UN PO SAREMO COMMISSARIATI E RENZI SARA FELICE NOI UN PO MENO.