"Un
politico può essere a disposizione della mafia: non è reato. Renzi e
Verdini hanno ammazzato il 416 ter. Dopo una lunga e dura battaglia il
governo delle larghe intese sulla mafia, previo incontro tra capi, ha
deciso che lo scambio politico mafioso non deve essere punito. Questo è
tutto il punto e non ci resta che appellarci ai cittadini e lanciare il
grido d’allarme su quanto sta succedendo. I membri delle commissioni
Giustizia e Antimafia del M5S di Camera e Senato esprimono il loro pieno
sconcerto e la profonda preoccupazione. Vogliamo essere Europa,vogliamo
cambiare lo stato delle cose mentre tutta la maggioranza, ed il trio
Berlusconi-Renzi-Alfano, si rende complice della criminalità
organizzata. Non ci sono giri di parole da fare. Bisogna essere duri e
determinati nella lotta contro la corruzione politica e mafiosa. E
invece no, la lunga trattativa Stato-mafia continua, ora in questo
momento, in Parlamento, rendendo inoffensivo il 416 ter. I deputati e
senatori del M5S non hanno intenzione di retrocedere di un passo:
denunciamo questa trattativa, denunciamo lo svuotamento del 416 ter.
L’Europa si prepari: per il prossimo semestre di presidenza italiano
avranno un padrino a Bruxelles. Ora è chiaro anche cosa si sono detti il
presidente Napolitano e Berlusconi: ieri un caffè, oggi muore il 416
ter."
M5S Camera e Senato
Voto di scambio “annacquato” alla Camera: rinviata riforma 416ter, insorge M5S
Pene
dimezzate e non punibilità per il politico che si mette "a
disposizione" delle cosche. A Montecitorio il Pd fa proprie le richieste
di Forza Italia e modifica il testo uscito dal Senato. Che ora dovrà
tornare a Palazzo Madama. I grillini: "Renzi e Verdini hanno ammazzato
il 416 ter"
Pene
ridotte e non punibilità per la semplice “messa a disposizione” del
politico nei confronti del mafioso, prima di ottenerne i voti. E’ un
nuovo colpo al tormentato iter della
riforma del reato di voto di scambio, l’articolo
416 ter
del codice penale. La Camera ha approvato un emendamento della
maggioranza e il testo, che senza modifiche sarebbe diventato legge,
dovrà tornare al Senato per la quarta lettura. Alla fine l’Aula di
Montecitorio ha approvato con 310 sì e 61 no.
La modifica è intervenuta nel Comitato dei nove della
Camera,
il passaggio che precede la discussione in aula, iniziata a metà
pomeriggio. “Un politico può essere a disposizione della mafia: non è
reato.
Renzi e
Verdini (
che si sono incontrati in mattinata, ndr) hanno ammazzato il 416 ter”, affermano i membri delle commissioni Giustizia e Antimafia del
Movimento Cinque Stelle di
Camera e Senato. “Dopo una lunga e dura battaglia il governo delle
larghe intese sulla mafia, previo incontro tra capi, ha deciso che lo
scambio politico mafioso non deve essere punito. Questo è tutto il punto
e non ci resta che appellarci ai cittadini e lanciare il grido
d’allarme su quanto sta succedendo”.
Il progetto iniziale – sostenuto da 450mila firme – era quello dell’associazione Libera che
chiede di fare presto e di smettere con i rinvii ma esprime
“perplessità” in particolare per la “prevista riduzione delle
pene”. Soddisfatto il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti.
Dopo le correzioni della Camera al testo del 416-ter sul voto di
scambio, dice all’Ansa, “abbiamo una norma perfetta e veramente
utile a contrastare lo scambio tra politica e mafia”. Roberti spiega
che il testo del Senato, ora corretto dalla Camera, presentava una norma
“estensiva che è stata criticata da molti magistrati e giuristi”.
Limiti che “sono stati riassunti nel concetto di ‘difetto di
tipizzazionè, la norma cioè era troppo estesa e ampia e poteva non
essere norma di garanzia per i cittadini proprio per tale ampiezza. Ora
la correzione apportata ci restituisce una norma perfetta e veramente
utile a contrastare lo scambio tra politica e mafia”. Il testo
“rappresenta il risultato di un importante sforzo congiunto fatto dal
governo e dalle principali forze parlamentari” afferma il
sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri. La
soddisfazione per il nuovo strumento normativo è trasversale. “Una
riforma attesa 21 anni” dice Pina Picierno (Pd). “Sono state accolte le
nostre richieste” plaudono Renato Brunetta, Gianfranco Chiarelli, Carlo Sarro e Francesco Paolo Sisto (Forza Italia). “La norma voluta da Giovanni Falcone,
che per ventidue anni é stata conservata nei cassetti del Parlamento,
ha ricevuto il voto favorevole della Camera. Adesso, pretendiamo, così
come si è impegnata la maggioranza, che al Senato la nuova formulazione
del 416 ter passi immediatamente senza alcuna modifica. Ne avremo
urgente bisogno nella campagna elettorale che si apre, come ci insegna
la vicenda giudiziaria di Nicola Cosentino” commenta Claudio Fava (Sel).
LO SCONTRO A MONTECITORIO. E così la discussione in aula si è fatta tesa. Il Cinque Stelle
Riccardo Nuti ha ricordato di aver segnalato
un incontro tra il deputato del Pd Davide Faraone con Agostino Pizzuto, accusato di essere legato alla mafia.
“Dopo quella mia denuncia in quest’Aula, il collega Faraone ha
minacciato nei miei confronti una querela, ma dopo 100 giorni non è
arrivato nulla. Vergogna!”, ha urlato. Dura la reazione dai banchi del
Pd, e il vicepresidente
Luigi Di Maio ha faticato a riportare l’ordine, dopo aver richiamato Nuti. Poco prima,
Andrea Colletti,
sempre, M5S aveva detto: “Vorremmo sapere se ieri nell’incontro tra
Napolitano e Berlusconi si è parlato di questa norma e del 416 ter.
Sarebbe bello sapere se anche stamattina si è parlato di questa norma,
vista l’accelerazione da Pd e Fi dopo l’incontro Renzi-Verdini-Gianni
Letta. Forse dovremmo cambiare il titolo del ddl e chiamarlo ‘Voto di
scambio politico elettorale tra Renzi, Verdini e Berlusconi’”.
Difende la riforma
Walter Verini
del Pd: “La nuova formulazione è tesa a superare le criticità sollevate
rispetto al testo approvato dal Senato, ritenuto troppo vago, e dunque
non efficace, da autorevoli esponenti della magistratura impegnati sul
fronte della lotta alla criminalità organizzata e della corruzione, e
tiene conto delle richieste iniziali della Campagna dei Braccialetti
Bianchi. E’ importante una convergenza ampia su questo testo così come è
fondamentale, in vista del prossimo rinnovo di molti Comuni, che il
provvedimento diventi definitivamente legge la prossima settimana con il
voto del Senato, anche attraverso un impegno diretto del governo”. “Il
governo si impegnerà al massimo nel corso dell’esame al Senato perché
questa norma sia definitivamente approvata prima delle elezioni
europee”, ha promesso in aula il sottosegretario alla Giustizia Cosimo
Ferri. La Camera ha bocciato un sub-emendamento presentato dal Movimento
5 stelle, per il quale ha votato sì anche la Lega nord, che mirava a
ripristinare il testo del ddl così come uscito da Palazzo Madama.
Il testo uscito dal Senato aveva provocato la rivolta di Forza Italia e del centrodestra,
che lo giudicava troppo duro e denunciava rischi di un intervento
discrezionale per la magistratura. E così, spiega la deputata M5s Giulia
Sarti, alcuni emendamenti di Forza Italia sono stati fatti propri anche
dal
Pd e dal relatore
Davide Mattiello,
anche lui democratico. Solo i Cinque Stelle hanno votato contro. Oltre
al dimezzamento delle pene, inizialmente previste tra i 7 e i 12 anni e
ora ridotte a 4-10, verrebbe così a scomparire dalla nuova normativa la
punibilità per la “messa a disposizione” del politico, anche senza che
poi avvenga davvero l’acquisto di voti. Resta invece in piedi il cuore
della riforma: con la legge attualmente in vigore è punibile soltanto il
politico che li ottiene in cambio di denaro – caso raro – mentre la
nuova formulazione include “altre ultilità”, per esempio la promessa di
futuri appalti o incarichi.
PRIMA E DOPO, I TESTI A CONFRONTO.
Ecco, secondo l’agenzia Public policy, il nuovo testo uscito dal
Comitato dei nove e approdato a Montecitorio, dove ha ricevuto l’ok di
centrodestra e centrosinistra: “Chiunque accetti la promessa di
procurare voti mediante le modalità di cui al terzo comma dell’articolo
416-bis in cambio dell’erogazione o della promessa di erogazione di
denaro o di altra utilità è punito con la reclusione da quattro a dieci
anni. La stessa pena si applica a chi promette di procurare voti con le
modalità di cui al primo comma”. Questa, invece, la formulazione
precedente, arrivata dal Senato: “Chiunque accetti la promessa di
procurare voti mediante le modalità di cui al terzo comma dell’articolo
416-bis in cambio dell’erogazione o della promessa di erogazione di
denaro o di qualunque altra utilità ovvero in cambio della disponibilità
a soddisfare gli interessi o le esigenze dell’associazione è punito con
la stessa pena stabilita nel primo comma dell’articolo 416-bis (dunque
con la reclusione da sette a dodici anni; ndr). La stessa pena si
applica a chi promette di procurare voti con le modalità di cui al primo
comma”. Dunque sparirebbe il principio della cosiddetta “messa a
disposizione”, la parola “qualunque” prima di ogni “altra ultilità” e si
ridurrebbero le pene dai 7 ai 12 anni ai 4 a 10. Ancora fonti
parlamentari fanno sapere che tutto il Pd, eccetto
Rosi Bindy, sarebbe d’accordo.
“I
deputati e senatori del M5S non hanno intenzione di retrocedere di un
passo”, si legge ancora nel comunicato dei parlamentari grillini.
“Denunciamo questa trattativa, denunciamo lo svuotamento del 416 ter.
L’Europa si prepari: per il prossimo semestre di presidenza italiano
avranno un padrino a Bruxelles. Ora è chiaro anche cosa si sono detti il
presidente Napolitano e Berlusconi: ieri un caffè, oggi muore il 416
ter”.
Camorra, Nicola Cosentino arrestato insieme ai fratelli Zagaria
Inchiesta
della Procura di Napoli sulla vendita di carburanti in provincia di
Caserta. Tra i reati contestati: "estorsione e concorrenza sleale
aggravata dalla finalità camorristica". In manette anche i fratelli
dell'ex sottosegretario all'Economia. In tutto emesse 13 ordinanze
“
Nicola Cosentino
vanta un rapporto stabile con il clan dei Casalesi”. Sono pesanti le
accuse della Direzione distrettuale antimafia di Napoli contro l’ex
parlamentare Pdl finito in carcere insieme ai fratelli Giovanni e
Antonio, nell’ambito di un’inchiesta sulla vendita di carburanti in
provincia di
Caserta. In tutto sono state emesse
tredici ordinanze di custodia cautelare (nove in carcere, quattro ai
domiciliari), che hanno colpito anche
Pasquale e
Antonio Zagaria (già in carcere) fratelli di Michele, boss del più importante
clan dei Casalesi insieme a quello di Francesco Schiavone.
Tra le accuse: estorsione e concorrenza sleale aggravata dalla finalità camorristica.
L’indagine della Procura di Napoli ruota attorno alle attività di gestione degli impianti di distribuzione carburanti tra Casal di Principe e Villa di Briano,
nel Casertano. Secondo l’accusa, Nicola Cosentino e i fratelli –
proprietari di diversi distributori - “attraverso un sistema di coercizione
nei confronti di amministratori e funzionari pubblici locali”,
avrebbero costretto il Comune di Casal di Principe e la Regione Campania
a compiere attimi illegittimi “per impedire o rallentare la creazione
di altri impianti da parte di società concorrenti”. Il tutto per
avvantaggiare le società di famiglia: l’Aversana Petroli, l’Aversana Gas
e l’Ip Service.
I Cosentino – sempre
secondo l’accusa – potevano contare sul “rapporto stabile con i
Casalesi”, tanto che “i vertici del clan avevano imposto agli affiliati
il divieto di estorsioni ai danni degli impianti
riconducibili a Cosentino”. “Un sodalizio criminale” – scrive
l’antimafia – retto “dalla spregiudicatezza dei fratelli Cosentino”
negli affari, “dall’asservimento della politica” e “dal rapporto di
scambievole interesse con esponenti della camorra”. Un legame, quello
tra Cosentino e i boss di Gomorra, che è già costato a Nick ‘O Mericano quattro mesi e mezzo di carcere con l’accusa di essere il referente politico nazionale dei boss casertani.
Fondamentale per l’indagine – partita nel 2011 – è stata la collaborazione con gli investigatori di Luigi Gallo,
titolare di una stazione di servizio in costruzione a Villa di Briano.
Gallo aveva ottenuto la licenza per l’apertura di un impianto di
carburanti, licenza che di fatto impediva ai fratelli Cosentino di
averne una analoga a 5 chilometri di distanza. Per ottenerla ugualmente,
i tre hanno indotto Vincenzo Schiavone e Vincenzo Falconetti, dirigenti
dell’Ufficio tecnico del Comune di Casal di Principe, a rilasciare
comunque all’Agip Petroli, società partner dei
Cosentino, un’autorizzazione edilizia. Inoltre, l’ex coordinatore
regionale del Pdl e l’ex prefetto di Caserta Maria Elena Stasi (indagata)
convocarono l’allora sindaco di Villa di Briano (Caserta) nell’ufficio
della Prefettura di Caserta intimandogli di provvedere alla rimozione
del tecnico comunale che aveva rilasciato l’autorizzazione
all’imprenditore Luigi Gallo. I Cosentino hanno inoltre più volte minacciato Luigi Gallo. Episodi
analoghi sono stati ricostruiti durante le indagini, che hanno appurato
la posizione di vantaggio sul mercato dei Cosentino. L’antimafia
napoletana ha anche accertato che, nonostante i domiciliari, l’ex
coordinatore Pdl in Campania continuava ad avere contatti telefonici con
politici nazionali di primo piano. A dimostrazione del fatto –
ragionano i magistrati – che l’ex Forza Italia non ha mai abbandonato la
politica.
Pochi
giorni fa, tra l’altro, l’ex sottosegretario all’Economia del governo
Berlusconi aveva presentato il nuovo movimento dei suoi fedelissimi “Forza Campania“, corrente interna a Forza Italia. Per questo il senatore Vincenzo D’Anna,
vicepresidente del gruppo Grandi Autonomie e Libertà dell’aula di
Palazzo Madama e fedelissimo di Cosentino parla di “uso politico della
magistratura”. “Arrestare Cosentino (tra l’altro
sempre rimasto estraneo alle attività imprenditoriali della sua
famiglia) all’indomani della nascita di Forza Campania – scrive in una
nota il senatore – è un ulteriore segnale che certa magistratura invia
al centrodestra a non rialzare la testa nell’imminenza dei prossimi
appuntamenti elettorali”. “Quando la giustizia
diventa strumento politico – conclude il senatore del Gal – gli uomini
politici che hanno coraggio reagiscono denunciando senza paura questo
stato di cose”.
Per Nicola Cosentino, re dei voti in Campania, è il secondo arresto in poco più di un anno. L’ex
sottosegretario già il 15 marzo dello scorso anno si presentò,
accompagnato dai suoi legali, al carcere napoletano di Secondigliano: su
di lui pendeva un’ordinanza di custodia cautelare emessa nell’ambito
dell’inchiesta denominata “Il Principe e la Scheda Ballerina“. Dopo
alcuni mesi trascorsi nel carcere di Secondigliano, a Cosentino il 12
giugno furono concessi gli arresti domiciliari, prima in una villetta
del Comune di Sesto Campano, in provincia di Isernia, e successivamente
nella sua abitazione di Caserta. L’otto novembre scorso Cosentino, su decisione del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, è tornato in libertà. ‘O
Mericano, come viene chiamato dai suoi, è imputato nel processo sul
presunto reimpiego di capitali illeciti in relazione alla costruzione,
mai avvenuta, di un centro commerciale a Casal di Principe.
Le altre misure restrittive emesse questa mattina sono state eseguite nei confronti di Luigi Letizia, funzionario della Regione Campania; Vincenzo Schiavone, Giacomo Letizia e Vincenzo Falconetti, funzionari dell’ufficio tecnico del Comune di Casal di Principe; Giovanni Adamiano e Bruno Sorrentino, dipendenti della Kuwait Petroleum Italia; Enrico Reccia,
coinvolto in relazione a un tentativo che sarebbe stato messo in atto
da Giovanni Cosentino per screditare un concorrente in affari della
propria famiglia; e Michele Patrizio Sagliocchi. I reati contestati, a vario titolo, alle tredici persone sono:
estorsione, concussione, illecita concorrenza con violenza o minaccia,
calunnia, favoreggiamento personale, riciclaggio, con l’aggravante del
metodo mafioso. La misura è stata firmata dal gip di Napoli su richiesta dei pm Antonello Arbituro, Francesco Curcio e Fabrizio Vanorio ed eseguita dai carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta.
“Siamo
vicini a Nicola Cosentino e gli ribadiamo, oggi più di ieri, la nostra
amicizia e la nostra solidarietà”. E’ quanto si legge in una nota di
Forza Campania in
Consiglio regionale. “Sentimenti – prosegue la nota – che non si
azzerano per una inchiesta giudiziaria, ma che si rafforzano semmai in
un momento così difficile nella consapevolezza che noi tutti abbiamo
dell’uomo e del politico che abbiamo conosciuto e apprezzato in questi
anni di militanza e di comune passione politica”. E ancora: “Non abbiamo
mai rinnegato il rapporto umano e personale che ci lega a lui. E siamo
convinti che la verità sarà presto accertata, anche se resta il dolore
per il prezzo da pagare per ottenerla. Il gruppo dirigente di Forza
Campania e i simpatizzanti si ritroveranno, domani, venerdì 4 aprile,
alle ore 18, presso la sede di corso Trieste, a Caserta”, concludono i
consiglieri di Forza Campania. E intanto anche da Forza Italia nazionale
arrivano attestati di stima. Luca D’Alessandro, segretario della
commissioe giustiizia della Camera, parla fi “giustizia a orologeria”.