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sabato 7 febbraio 2015

Roma, all’Eur una zona a luci rosse dove sarà tollerata la prostituzione

Roma, all’Eur una zona a luci rosse dove sarà tollerata la prostituzione

Roma, all’Eur una zona a luci rosse dove sarà tollerata la prostituzione
Società
Una decisione che ha scatenato l'inevitabile polemica e che vede contrari all’iniziativa non solo esponenti dei partiti d’opposizione ma anche di quelli di maggioranza
Roma come Amsterdam? Da tempo si parla di un quartiere per il sesso a pagamento, ma adesso sembra che i tempi siano maturi e che l’esperimento possa partire nella Capitale. Ad aprile, per la precisione e la città Eterna potrebbe essere la prima città in Italia ad avere una zona a “luci rosse”, dove sarà tollerata laprostituzione. Una decisione che ha scatenato l’inevitabile polemica e che vede contrari all’iniziativa non solo esponenti dei partiti d’opposizione ma anche di quelli di maggioranza, come Stefano Pedica del Pd.
Fra due mesi quindi dovrebbe essere inaugurata “inaugurata” la prima via dove sarà possibile esercitare quello che è definito il mestiere più vecchio del mondo. Il quartiere che ospiterà l’iniziativa è quello dell’Eur, tra ministeri, uffici e grattacieli, da anni ormai punto di ritrovo per prostitute e clienti tanto da portare l’amministrazione comunale a stabilire prima divieti di transito notturni e poi ad ipotizzare l’installazione – mai avvenuta – di telecamere in strada.
L’intenzione è quella di creare 2-3 zone a luci rosse: e la prima vedrà la luce entro aprile per un costo di circa 5mila euro al mese. Qui ci saranno operatori sociali “anti-sfruttamento”, con il compito di effettuare controlli sanitari sulle ragazze, distribuire preservativi ed evitare infiltrazioni da parte dei cosiddetti “protettori”.
Inevitabile monta la polemica tra favorevoli e contrari, con critiche che piovono anche dal Pd che, per bocca del senatore Stefano Pedica, parla di “ghetti a luci rosse”. Per Sel, invece, si tratta di “un passo avanti contro lo sfruttamento”, così come per l’assessore comunale alle Politiche Sociali, Alessandra Cattoi secondo la quale il progetto “è molto rispettoso di tutte le persone che vengono coinvolte in questa vicenda: da una parte le donne e dall’altra parte i cittadini che vivono in quartieri dove effettivamente ci sono situazioni di degrado”.
Per Forza Italia, invece, ormai “l’Eur è ridotto ad un ghetto di degrado umano e sociale” con il sindaco Marino che “attua un provvedimento contrario alle leggi dello Stato”. Per la deputataBarbara Saltamartini, l’idea della zona a luci rosse “ha dello sconvolgente”. Nelle prossime settimane, intanto, il progetto del Municipio arriverà sulla scrivania del sindaco Marino, che già a maggio scorso si era detto “favorevole alle zone a luci rosse”. “Questo dilagare della prostituzione – disse – non solo arreca un danno al decoro della città, ma crea situazioni di disagio gravissimo ad alcuni quartieri”.

Il Parlamento dei “trasformisti”: ecco i 161 onorevoli che hanno cambiato casacca

Il Parlamento dei “trasformisti”: ecco i 161 onorevoli che hanno cambiato casacca

Dalle elezioni del 2008 a oggi sono 161 i parlamentari che dopo hanno cambiato gruppo almeno una volta. Una condizione insostenibile e che con il "diritto" garantito dalla Costituzione non c'entra nulla.

Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato“. Se l’articolo 67 della Costituzione rappresenta senza alcun dubbio una garanzia di democrazia e di libero esercizio della rappresentanza politica da parte di deputati e senatori, certo è che i padri costituenti difficilmente avrebbero potuto prevedere un utilizzo così “sistematico” di tale prerogativa. Nella democrazia parlamentare della Seconda Repubblica in effetti si moltiplicano i cambi di casacca, i passaggi doppi, tripli da uno schieramento all’altro, noncheé, come sottolinea Francesco Cundari su L’Unità:
“La straordinaria proliferazione di partiti nati in Parlamento. In altre parole, in nome del diritto dei cittadini a scegliere direttamente governo e maggioranza, contro lo spettro proporzionalista delle alleanze fatte e disfatte in Parlamento dopo il voto, non solo i cittadini non hanno scelto né l’attuale governo né l’attuale maggioranza, ma nemmeno i partiti. La vera novità sono i parlamentari che dopo le elezioni si scelgono il partito, o meglio ancora, che dopo aver preso i voti con il Pd o il Pdl, la Lega, l’Udc o l’Idv, ne fondano uno tutto nuovo direttamente in Parlamento. Magari per poi ripensarci qualche giorno o qualche mese dopo”.
E se ciò non sembra bastare per una seria riflessione sulla necessità (minima) di ripensare regolamenti e modelli di rappresentanza, forse converrà dare un rapido sguardo all’infinito elenco dei parlamentari che hanno cambiato casacca dal 2008 ad oggi. Senza generalizzazioni e fermo restando la legittimità (tutelata dalla Costituzione, ripetiamo) di simili manovre, resta da chiedersi quale sia il modello di democrazia rappresentantiva che abbiamo in mente e come intendiamo anche pensare una legge elettorale che restituisca sovranità agli elettori (tanto che viene difficile non piegarsi alla propaganda che vuole Montecitorio e Palazzo Madama “luoghi per nominati e trasformisti”). Del resto l’elenco dei 161 parlamentari che hanno cambiato gruppo o che risultano iscritti ad un gruppo diverso da quello del partito con il quale erano stati eletti è spiazzante (sempre da l’Unità):
- Camera dei Deputati
1. ANGELI Giuseppe: eletto nel Pdl, passato a Fli, tornato nel Pdl
2. ANTONIONE Roberto: Pdl, Misto, Pli 3. BACCINI Mario: Misto, Misto-Repubblicani regionalisti popolari, Pdl (eletto con l’Udc)
4. BARBARESCHI Luca Giorgio: Pdl, Fli, Misto
5. BARBARO Claudio: Pdl, Fli
6. BELCASTRO Elio Vittorio: Misto-Mpa, Misto-Noi Sud/Popolo e territorio, Misto, Misto-Noi Sud
7. BELLOTTI Luca: Pdl, Fli, Pdl
8. BINETTI Paola: Pd, Udc
9. BOCCHINO Italo: Pdl, Fli
10. BONCIANI Alessio: Pdl, Udc
11. BONGIORNO Giulia: Pdl, Fli
12. BRIGUGLIO Carmelo: Pdl, Fli
13. BUONFIGLIO Antonio: Pdl, Fli, Misto, Misto-Fareitalia
14. CALEARO CIMAN Massimo: Pd, Misto, Misto-Api, Misto, Misto-Popolo e Territorio
15. CALGARO Marco: Pd, Misto, Misto-Api, Udc
16. CAMBURSANO Renato: Idv, Misto
17. CARLUCCI Gabriella: Pdl, Udc
18. CARRA Enzo: Pd, Udc
19. CATONE Giampiero: Pdl, Fli, Misto, Popolo e territorio
20. CESARIO Bruno: Pd, Misto, Misto-Api, Misto, Misto-Popolo e territorio
21. CONSOLO Giuseppe: Pdl, Fli
22. CONTE Giorgio: Pdl, Fli
23. COSENZA Giulia: Pdl, Fli, Pdl
24. CRAXI Stefania Gabriella Anastasia: Pdl, Misto
25. D’ANNA Vincenzo: Pdl, Popolo e Territorio
26. DELLA VEDOVA Benedetto: Pdl, Fli
27. DI BIAGIO Aldo: Pdl, Fli
28. D’IPPOLITO VITALE Ida: Pdl, Udc
29. DIVELLA Francesco: Pdl, Fli
30. DRAGO Giuseppe: Udc, Misto, Misto-Noi Sud
31. FABBRI Luigi: Misto-Api (eletto con il Pdl)
32. FALLICA Giuseppe: Pdl, Misto, Misto-Grande Sud
33. FINI Gianfranco: Pdl, Fli
34. GAGLIONE Antonio: Pd, Misto, Misto-Noi Sud, Misto, Misto-Iniziativa liberale
35. GALLI Daniele: Pdl, Fli
36. GAVA Fabio: Pdl, Misto, Misto-Pli
37. GIANNI Pippo: Misto-Noi Sud, Popolo e territorio (eletto con l’Udc)
38. GIULIETTI Giuseppe: Idv, Misto
39. GRANATA Benedetto Fabio: Pdl, Fli
40. GRASSANO Maurizio: Misto, Misto-Liberaldemocratici, Popolo e territorio, Misto, Misto-Iniziativa liberale (eletto con la Lega Nord)
41. GRIMALDI Ugo Maria Gianfranco: Pdl, Misto, Misto-Grande Sud
42. GUZZANTI Paolo: Pdl, Misto, Misto-Noi Sud, Misto, Popolo e territorio, Misto, Misto-Iniziativa liberale
43. IANNACCONE Arturo: Misto-Mpa, Misto-Noi Sud/Popolo e territorio, Misto, Misto-Noi Sud
44. IAPICCA Maurizio: Pdl, Misto, Misto-Grande Sud
45. LA MALFA Giorgio: Pdl, Misto, Misto-Liberaldemocratici, Misto-Repubblicani azionisti alleanza di centro, Misto-Liberaldemocratici
46. LAMORTE Donato: Pdl, Fli
47. LANZILLOTTA Linda: Pd, Misto, Misto-Api, Misto
48. LEHNER Giancarlo: Pdl, Popolo e territorio
49.LO MONTE Carmelo: Misto-Mpa, Misto
50. LO PRESTI Antonino: Pdl, Fli
51. LUSETTI Renzo: Pd, Udc. 54. MARMO Roberto: Popolo e territorio (eletto nel Pdl)
55. MELCHIORRE Daniela: Pdl, Misto, Misto-Liberaldemocratici
56. MENIA Roberto: Pdl, Fli
57. MERLO Ricardo Antonio: Misto, Misto-Liberaldemocratici, Udc (eletto nel Movimento associativo italiani all’estero)
58. MICCICHE’ Gianfranco: Pdl, Misto, Misto-Grande Sud
59. MILO Antonio: Misto-Mpa, Misto-Noi Sud, Misto, Popolo e territorio
60. MISITI Aurelio Salvatore: Idv, Misto, Misto-Mpa, Misto, Misto-Repubblicani azionisti, Misto-Grande Sud
61. MISTRELLO DESTRO Giustina: Pdl, Misto, Misto-Pli
62. MOFFA Silvano: Pdl, Fli, Misto, Popolo e territorio
63. MONDELLO Gabriella: Pdl, Udc
64. MORONI Chiara: Pdl, Fli
65. MOSELLA Donato Renato: Pd, Misto, Misto-Api
66. MOTTOLA Giovanni Carlo Francesco: Pdl, Popolo e territorio
67. MURO Luigi: Pdl, Fli
68. NAPOLI Angela: Pdl, Fli
69. NOLA Carlo: Pdl, Popolo e territorio, Pdl
70. NUCARA Francesco: Misto, Misto-Liberaldemocratici, Misto-Repubblicani azionisti alleanza di centro, Misto, Misto-Repubblicani azionisti (eletto con il Pdl)
71. ORSINI Andrea: Pdl, Popolo e territorio
72. OSSORIO Giuseppe: Misto, Misto-Repubblicani azionisti (eletto con il Pd)
73. PAGLIA Gianfranco: Pdl, Fli
74. PATARINO Carmine Santo: Pdl, Fli
75. PEPE Mario: Pdl, Iniziativa Responsabile, Misto, Misto-Repubblicani azionisti
76. PERINA Flavia: Pdl, Fli
77. PIONATI Francesco: Udc, Misto, Misto-Repubblicani azionisti, Popolo eterritorio
78. PISACANE Michele: Udc, Misto, Misto-Noi Sud, Popolo e territorio
79. PISICCHIO Pino: Idv, Misto, Misto-Api
80. PITTELLI Giancarlo: Pdl, Misto, Misto-Pli, Misto-Grande Sud
81. POLIDORI Catia: Pdl, Fli, Misto, Popolo e territorio
82. PORFIDIA Americo: Idv, Misto, Misto-Noi Sud, Popolo e territorio, Misto, Misto-Noi Sud
83. PROIETTI COSIMI Francesco: Pdl, Fli
84. PUGLIESE Marco: Pdl, Misto, Misto-Grande Sud
85. RAISI Enzo: Pdl, Fli
86. RAZZI Antonio: Idv, Misto-Noi Sud, Popolo e territorio
87. RIA Lorenzo: Pd, Misto, Udc
88. ROMANO Francesco Saverio: Udc, Misto, Misto-Noi Sud, Popolo e territorio
89. RONCHI Andrea: Pdl, Fli, Misto, Misto-Fareitalia
90. ROSSO Roberto: Pdl, Fli, Pdl
91. RUBEN Alessandro: Pdl, Fli
92. RUVOLO Giuseppe: Udc, Misto, Misto-Noi Sud, Popolo e territorio
93. SANTORI Angelo: Misto, Misto-Pli (eletto con il Pdl)
94. SARDELLI Luciano Mario: Misto-Mpa, Misto-Noi Sud/Popolo e territorio, Misto, Misto-Pli
95. SBAI Souad: Pdl, Fli, Pdl
96. SCALIA Giuseppe: Pdl, Fli, Misto, Misto-Fareitalia
97. SCANDEREBECH Deodato: Pdl, Udc, Fli (eletto con l’Udc, subentrato in sostituzione di Michele Vietti)
98. SCILIPOTI Domenico: Idv, Misto, Popolo e territorio
99. SILIQUINI Maria Grazia: Pdl, Fli, Misto, Popolo e territorio
100. SOGLIA Gerardo: Pdl, Popolo e territorio Misto, Misto-Grande Sud
101. STAGNO D’ALCONTRES Francesco: Pdl, Misto, Misto-Grande Sud
102. STASI Maria Elena: Pdl, Popolo e territorio
103. STRACQUADANIO Giorgio Clelio: Pdl, Misto
104. TABACCI Bruno: Udc, Misto, Misto-Api
105. TADDEI Vincenzo: Pdl, Popolo e territorio
106. TANONI Italo: Pdl, Misto, Misto-Liberaldemocratici
107. TERRANOVA Giacomo: Pdl, Misto, Misto-Grande Sud
108. TOTO Daniele: Pdl, Fli
109. TOUADI Jean Leonard: Idv, Pd
110. TREMAGLIA Mirko: Pdl, Fli
111. URSO Adolfo: Pdl, Fli, Misto, Misto-Fareitalia
112. VATINNO Giuseppe: Misto-Api (eletto con l’Idv)
113. VERNETTI Gianni: Pd, Misto, Misto-Api, Misto
114. VERSACE Santo Domenico: Pdl, Misto, Misto-Api, Misto
- Senato della Repubblica
1. ASTORE Giuseppe: Idv, Misto-Parteci- pazione democratica
2. BAIO Emanuela: Pd, Misto-Alleanza per l’Italia (poi Api-Fli)
3. BALDASSARRI Mario: Pdl, Fli (poi Api-Fli)
4. BIANCHI Dorina: Pd, Udc, Pdl
5. BODEGA Lorenzo: Lega, Misto-Siamo gente comune
6. BRUNO Franco: Pd, Misto-Api (poi Api-Fli)
7. BURGARETTA APARO Sebastiano: Misto-Mpa, Pdl
8. CARDIELLO Franco: Pdl, Coesione na- zionale, Pdl
9. CARRARA Valerio: Pdl, Coesione na- zionale
10. CASTIGLIONE Maria Giuseppa: Mi- sto-Popolari d’Italia domani, Coesione na- zionale (eletta con l’Udc)
11. CENTARO Roberto: Pdl, Coesione na- zionale
12. CONTINI Barbara: Pdl, Fli (poi Api-Fli)
13. DE ANGELIS Candido: Pdl, Fli (poi Api-Fli)
14. DE LUCA Cristina: Gruppo per il Ter- zo Polo Api-Fli (eletta con il Pd)
15. DEL PENNINO Antonio Adolfo Ma- ria: Misto-Pri (eletto con il Pdl, subentra- to in sostituzione di Romano Comincioli)
16. DIGILIO Egidio: Pdl, Fli (poi Api-Fli)
17. FANTETTI Raffaele: Misto, Pdl (eletto con il Pdl, subentrato in sostituzione di Ni- cola Di Girolamo)
18. FERRARA Mario: Pdl, Coesione nazio- nale
19. FILIPPI Alberto: Lega, Misto, Coesio- ne nazionale-Io Sud-Forza del Sud
20. FISTAROL Maurizio: Pd, Misto-Ver- so Nord, Udc
21. FLERES Salvo: Pdl, Coesione naziona- le-Io Sud
22. GALIOTO Vincenzo: Pdl, Udc
23. GERMONTANI Maria Ida: Pdl, Fli (poi Api-Fli)
24. GUSTAVINO Claudio: Pd, Misto-Api, Udc
25. LUSI Luigi: Pd, Misto
26. MAURO Rosa Angela: Lega, Mi- sto-Siamo gente comune
27. MENARDI Giuseppe: Pdl, Fli, Coesio- ne nazionale
28. MILANA Riccardo: Pd, Misto-Api (poi Api-Fli)
29. MOLINARI Claudio: Pd, Misto-Api (poi Api-Fli)
30. MUSSO Enrico: Pdl, Misto, Udc
31. PALMIZIO Elio Massimo: Pdl, Coesio- ne nazionale, Pdl, Coesione nazionale
32. PISCITELLI Salvatore: Pdl, Coesione nazionale
33. POLI BORTONE Adriana: Pdl, Mi- sto-Io Sud, Udc, Coesione nazionale
34. PONTONE Francesco: Pdl, Fli, Pdl
35. ROSSI Nicola: Pd, Misto
36. RUSSO Giacinto: Idv, Misto-Api (poi Api-Fli)
37. RUTELLI Francesco: Pd, Misto-Api (poi Api-Fli)
38. SAIA Maurizio: Pdl, Fli, Coesione na- zionale
39. SBARBATI Luciana: Pd, Udc
40. SERRA Achille: Pd, Udc
41. STIFFONI Piergiorgio: Lega, Misto
42. STRANO Nino: Gruppo Per il Terzo Polo Api-Fli (eletto con il Pdl)
43. TEDESCO Alberto: Pd, Misto-Sociali- sti autonomisti
44. VALDITARA Giuseppe: Pdl, Fli (poi Api-Fli)
45. VIESPOLI Pasquale: Pdl, Fli, Coesio- ne nazionale
46. VILLARI Riccardo: Pd, Misto, Coesio- ne nazionale
47. VIZZINI Carlo: Pdl, Udc


continua su: http://www.fanpage.it/il-parlamento-dei-trasformisti-ecco-i-161-onorevoli-che-hanno-cambiato-casacca/#ixzz3R2zHYJh1 
http://www.fanpage.it

Governo Renzi, in arrivo la carica dei responsabili 2.0 da Ncd, ex M5s e Fi

Governo Renzi, in arrivo la carica dei responsabili 2.0 da Ncd, ex M5s e Fi

Governo Renzi, in arrivo la carica dei responsabili 2.0 da Ncd, ex M5s e Fi
Politica
Dall'ex sottosegretario Gentile alla ex grillina Anitori, inizia il soccorso all'esecutivo dopo lo strappo sul Nazareno. Un anno fa il premier diceva: "Non lasceremo il Paese agli Scilipoti"
Il copyright resta loro. Diritto d’autore garantito per Antonio RazziDomenico Scilipoti e la ventina di parlamentari che il 14 dicembre del 2010 votò la fiducia a Silvio Berlusconi, appena abbandonato da Gianfranco Fini. Ma ogni legislatura ha la sua pena. E nonostante il ministro Maurizio Lupi, che della materia è esperto, abbia già avvertito “di responsabili si muore”, anche stavolta si è aperta la caccia grossa alle “persone consapevoli delle responsabilità verso l’Italia” (parla Debora Serracchiani, vicesegretario del Pd). Troppi tumulti nel centrodestra, troppo ondivago quell’Angelino Alfano che un minuto strizza l’occhio aBerlusconi e quello dopo accavalla le gambe sulla poltrona del ministero dell’Interno. Così, l’elezione del presidente della Repubblica è stata occasione ghiotta per tastare quanto fosse friabile l’opposizione di alcuni. E la pattuglia dei responsabili 2.0s’è fatta avanti.
Alcuni non la fanno troppo lunga: i sei senatori di Scelta Civica (Mario Monti escluso) hanno annunciato ieri il passaggio al Pd. Altri si appalesano con un tweet (quelli dell’ex M5S, ora gruppo Autonomie, Lorenzo Battista sono stati felicemente notati), ma più spesso prediligono l’antica nota alle agenzie. Sei ex grillini hanno pubblicamente dichiarato il loro voto per Mattarella:Alessandra Bencini, Fabrizio Bocchino, Francesco Campanella, Monica Casaletto, Cristina De Pietro e Luis Alberto Orellana. L’ultimo, già nell’ottobre scorso, salvò il governo con il suo voto sulla nota di variazione al Def. Altri tre ex M5S (Adele Gambaro, Paola De Pin e Marino Mastrangeli), un anno prima, avevano già detto sì a una fiducia posta dal governoLetta.
Nel Pd, però, i più ritengono che il sostegno della pattuglia che ha rotto con Grillo starebbe in piedi solo nel caso di un cambio di orientamento del governo Renzi: un nuovo progetto rivolto asinistra, immaginano, che possa ristabilire un dialogo con Sel, proprio come è successo nel caso Mattarella. Fantapolitica, al momento. Più facile guardare a destra. Se i retroscena raccontano di un Denis Verdini già al lavoro per garantire voti sulle riforme, anche nel lato destro dell’emiciclo di palazzo Madama (quello dove i numeri sono più risicati) il governo di Matteo ha già visto alzarsi mani pronte a sostenerlo. Almeno 11. Sono quelle dei senatori Ncd che – mentre Alfano accusava il colpo del metodo Mattarella – non perdevano tempo: “Pronti a votare”, facevano sapere a Renzi. Come a dire: qualsiasi cosa Angelino decida, noi siamo con te.
È su quella scialuppa che si incontra, per dire, un’altra Cinque Stelle pentita: Fabiola Anitori, che è riuscita a passare dal meet-up di Ostia alla poltrona di fianco a Laura Bianconi per “dare un sostegno forte al Governo e alla sua azione riformatrice”. Anche la Bianconi, già pasdaran berlusconiana in prima fila nella battaglia contro chi voleva staccare la spina a Eluana Englaro, ha firmato il messaggio in bottiglia a Renzi. Sono in compagnia di una serie di senatori ad alto tasso di coerenza. Giuseppe Pagano e Salvatore Torrisi, per esempio: due di parola. Dicevano ad agosto, neanche quattro mesi prima dell’addio: “Siamo e resteremo assolutamente leali con il nostro leader Silvio Berlusconi”. Un altro è Giovanni Bilardi, ex Gal ora in Area Popolare (il nome dei gruppi unificati di Ncd e Udc). Nel 2013 faceva gli auguri di compleanno a Silvio Berlusconi assicurando che “ne sosterremo la linea politica”. I Cinque Stelle all’inizio della legislatura avevano scritto al presidente del Senato Pietro Grasso: trovavano inopportuno che in commissione Antimafia, fosse stato nominato uno come Bilardi, “già consigliere regionale per la Lista ‘Scopelliti Presidente’, della quale è stato coordinatore e capogruppo, indagato dalla Procura di Reggio Calabria per peculato , falso e truffa”. Guai che capitano in Calabria, direbbe Pietro Aiello: la Dda lo voleva arrestare con l’accusa di voto di scambio aggravata dalle modalità mafiose. Avrebbe incontrato un boss di una cosca prima delleregionali 2010, ma il gip lo ha lasciato in libertà: non c’è prova delle promesse fatte in cambio di voti.
Poi c’è Antonio Gentile: Renzi lo fece sottosegretario, ma fu costretto a dimettersi praticamente all’istante: il quotidiano l’Ora della Calabria non uscì in edicola con la scusa di un guasto alle rotative il giorno in cui doveva pubblicare la notizia che suo figlio era indagato. Più di dieci anni prima, Gentile si era fatto notare per una raccolta firme: chiedeva il Nobel per la Pace a Berlusconi. Quanto a piaggeria, resta lontano in classifica da Guido Viceconte, anche lui potenziale responsabile. A fine agosto 2002, si cimentò col jogging a Villa Certosa. Finì con una settimana a letto per un colpo della strega. Caso a parte, quello di Ulisse Di Giacomo: fu lui a subentrare a Berlusconi dopo la decadenza. All’epoca era già Ncd e ora sarebbe pronto a salvare Renzi. Infine,Federica Chiavaroli, autrice dell’emendamento che riduceva i soldi ai Comuni che boicottavano le slot machine. Disse Renzi: “Èpazzesco, allucinante. Una porcata”.
da Il Fatto Quotidiano del 6 febbraio 2015

EXPO 2015: RENZI ASSUMERA’ 20MILA SCHIAVI! ALTRO CHE LAVORATORI: SAI IN COSA CONSISTE LA PAGA?

EXPO 2015: RENZI ASSUMERA’ 20MILA SCHIAVI! ALTRO CHE LAVORATORI: SAI IN COSA CONSISTE LA PAGA?

Expo, in 20 mila al lavoro (ma 18500 lo faranno gratis)
di Giorgio Cremaschi –
Per quale ragione in una Expo appaltata alle grandi multinazionali del cibo, nella quale affari edilizi, speculazione e corruzione hanno prosperato e che viene ancora presentata come una possibile volano per l’economia del paese, perché in un evento ove tutto è misurato in termini di profitti a breve o differiti, gli unici gratis devono essere i lavoratori?


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Con un accordo del luglio 2013, un mese che dovrebbe essere abolito dal calendario sindacale visti i disastri che in esso si son concepiti, l’ente EXPO, le imprese e tutte le istituzioni hanno concordato con CGIL CISL UIL che gran parte di coloro che faranno funzionare la Fiera lo faranno gratuitamente. Per l’esattezza circa 800 persone lavoreranno con contratti a termine, di apprendistato, da stagista, che garantiranno un lauta retribuzione dai 400 ai 500 euro mensili. Siccome i contratti e la stessa legge Fornero sul mercato del lavoro avrebbero previsto condizioni più favorevoli per i lavoratori , si è applicato quel principio della deroga normativa, contro il quale la Cgil si è era spesso pronunciata. Ma questi 800 lavoratori sottopagati sono comunque una élite rispetto a tutti gli altri. Che avranno un orarioio-non-lavoro-gratis-per-expo giornaliero obbligatorio e turni, pare bisettimanali, di lavoro, ma che lo faranno senza alcuna retribuzione.
Essi saranno considerati volontari e come tali riceveranno solamente dei buoni pasto quotidiani, per non smentire il significato alimentare dell’evento. Nelle previsioni iniziali questi fortunati avrebbero dovuto essere 18500, da qui il peana subito scattato sui 20000 posti di lavoro creati dalla magia dell’EXPO. Ora Invece pare che siano meno della metà, per la semplice ragione che lavorare all’EXPO non solo non paga, ma costa. Immaginiamo un pendolare che debba accollarsi i costosissimi costi quotidiani del sistema ferroviario lombardo. O addirittura un giovane di un’altra regione che volesse fare questa esperienza a Milano. Per lavorare gratis bisogna godere di un buon reddito e non tutti ce l’hanno.
Eppure a tutto questo ci sarebbe stata una alternativa semplice semplice. Visto che Expo per sua natura è un evento a termine, coloro che la faranno funzionare avrebbero potuto essere assunti con il tradizionale contratto a termine. Lavori sei mesi? Sei pagato per quelli, sono solo, due settimane? Riceverai la tua quindicina. Perché non si è fatto così? Semplicemente perché in questo modo si sarebbe dovuto spendere molto di più in salari e questo non era compatibile con gli alti costi della fiera. C’era da pagare una montagna di mazzette, non si potevano retribuire anche gli addetti agli stand. Capisco che questo modo di ragionare possa essere considerato troppo rigido e ancorato a vecchi tabù. C’è un lavoro e si pretende anche un salario, allora si vogliono difendere vecchi privilegi direbbero gli araldi del lavoro flessibile.
Quando l’accordo sul lavoro gratis è stato sottoscritto l’allora presidente del consiglio Enrico Letta disse, facendo eco al presidente della Confindustria Squinzi, che esso era un modello per il paese. La rottamazione renziana sempre rivolta alle nuove generazioni ha lasciato quella intesa intatta, così come hanno fatto CGILCISLUIL, nonostante le critiche a quel #jobsactche l’accordo EXPO già anticipava. Tutte le forze politiche rappresentate in parlamento, escluso il Movimento 5 Stelle, sono consenzienti. gratis-300×167
Così l’Expo finirà per essere una vetrina di tutto ciò che non dovrebbe, ma che invece continua a dominare le scelte economiche e sociali del paese. L’Expo sarà la migliore rappresentazione dell’ipocrisia e del gattopardismo che governano la nostra crisi. Sotto lo slogan “Nutrire il pianeta” si lascerà alla Nestlè il compito di spiegare che l’acqua va gestita in ragione di mercato. Si farà l’apologia delle grandi opere senza riuscire neppure a nascondere la speculazione e non solo quella illegale, ma quella ancor più scandalosa sulle aree che è perfettamente consentita. Si lanceranno proclami sui giovani che capaci di operare nella globalizzazione, rimuovendo il fatto che lo faranno solo in cambio di una medaglietta che non varrà nemmeno come accreditamento per altri lavori precari. E ancora una volta tutto, ma proprio tutto sarà a carico del lavoro. In una fiera che si presenta come l’ultimo Ballo Excelsior di una globalizzazione in piena crisi, l’Italia che guarda al passato cianciando di futuro troverà la sua vetrina. Che dovrebbe essere accesa proprio il PrImo Maggio, così trasformando la festa dell’emancipazione del lavoro nella celebrazione del suo ritorno allo stato servile. Ci sono movimenti e forze sindacali che dicono no a tutto questo e che già dalle prossime settimane si faranno sentire, per poi provare a restituire alla Festa del Lavoro il suo antico valore. Fanno benissimo.



FONTE:
http://popoffquotidiano.it/2015/02/05/expo-in-20-mila-al-lavoro-ma-18500-lo-faranno-gratis/

Il TFR in busta paga è una truffa

Inserito nella Legge di Stabilità 2015
Il TFR in busta paga è una truffa
Non sarà a tassazione agevolata bensì ordinaria
Ennesima scusa del governo Renzi per tassare i lavoratori


Tra le tante iniziative del governo Renzi spacciate come aiuti economici ai lavoratori ma che in realtà nascondono nuove truffe e tasse bisogna annoverare anche il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) versato in busta paga. Questa norma è contenuta nella Legge di Stabilità 2015 approvata a dicembre dal parlamento.
Questo non è certo il primo tentativo di manomettere il TFR; da almeno una decina di anni si sta tentando in ogni modo di mettere le mani su questa parte di salario che spetta per legge ai lavoratori. A sentire il Berlusconi democristiano Renzi sembra che il suo governo intervenga per alzare le buste paga dei dipendenti prendendo i soldi chissà dove. Niente di più falso! Questo è bene chiarirlo subito. ll TRF è salario differito, ovvero salario a tutti gli effetti solo che viene erogato quando il lavoratore viene licenziato, chiude l'azienda, oppure quando va in pensione o si dimette.
Il TFR ha assunto l’attuale forma nel 1982. Viene fatto un accantonamento dall'azienda seguendo questo calcolo: lo stipendio annuale del lavoratore, comprese tredicesima ed eventuale quattordicesima diviso 13,5, praticamente l’ammontare di una mensilità per ogni anno lavorativo. Si può chiedere l’anticipo di una parte di esso solo per alcuni casi particolari, come malattia o l’acquisto della prima casa, salvo diversi accordi, contrattuali o personali.
Esisteva comunque anche prima e da molti anni, in una certa misura addirittura dal 1927, in piena dittatura fascista. La “liquidazione” o “indennità di licenziamento” dell’epoca va però inserita nella visione corporativa fascista dove alla classe operaia era assolutamente vietata ogni autonomia e qualsiasi rivendicazione economica e normativa, tanto meno sociale e politica, ma doveva essere asservita al nazionalismo e all’imperialismo mussoliniano, fermo restando ovviamente la supremazia della borghesia e il sistema economico capitalistico. La liquidazione era solamente prevista in caso di chiusura dell'azienda e licenziamento dei lavoratori.
Dal dopoguerra ad oggi il TFR ha sempre assunto al ruolo di “gruzzolo” a cui il lavoratore poteva accedere se cambiava lavoro o andava in pensione, con il quale fare un acquisto oneroso, tutelare economicamente la propria vecchiaia oppure, in caso di forzata perdita del lavoro, come “ammortizzatore sociale”.
Questa parte di salario accantonata ha da sempre fatto gola ai capitalisti, specie alle compagnie assicurative che volevano gestire questa montagna di soldi (dei lavoratori, ndr), una cifra che supera i venti miliardi di euro l'anno. L'occasione ghiotta si è presentata quando le numerose controriforme pensionistiche, in special modo con la sostituzione del vecchio modello retributivo (quello basato sulle ultime mensilità) con quello contributivo (basato sui versamenti) hanno causato il drastico ridimensionamento dei vitalizi che di colpo da dignitosi, sono diventati da fame.
Cosa hanno pensato lo Stato, i fondi pensionistici privati e le banche? Di andare a saccheggiare il TFR dei lavoratori per rialzare l'assegno pensionistico che altrimenti, con la nuova legislazione, si andrebbe ad attestare intorno al 40% dello stipendio (contro l'80% del vecchio sistema), andando oltretutto a lucrare sulla gestione di questi capitali. Ovviamente ci hanno rimesso i dipendenti che hanno dovuto pagare con il loro TFR per reintegrare la quota di pensione persa con le nuove regole.
La cosiddetta pensione integrativa ottenuta versando il TFR nei fondi chiusi di categoria (ad esempio CoMeTa per i metalmeccanici) o in quelli aperti e totalmente privati è stata scelta da circa 6 milioni di lavoratori, mentre la maggioranza ha preferito tenere il TFR in azienda per riscuoterlo in seguito. La crisi però ha fatto registrare quasi un milione di lavoratori che hanno ritirato i versamenti dai fondi perché non se lo possono più permettere.
A costo di mettere in crisi anche la pensione integrativa il governo adesso vuole mettere in busta paga il TFR. Lo scopo principale è fare cassa tassando subito la quota di salario differito, e al tempo stesso alzare di qualche decimale il Pil facendo spendere subito, specie ha chi è in difficoltà, qualche decina di euro in più al mese. Nella Legge di Stabilità 2015 approvata in parlamento a dicembre è prevista la possibilità per il lavoratore di chiedere il pagamento mensile dell'importo maturando di Tfr. Una volta fatta questa scelta non potrà essere modificata per i successivi tre anni.
Le nuove norme non sono definitive perché sono in contrasto con quelle sulla previdenza integrativa che una volta scelta non poteva più essere revocata. Allora si pone il quesito su quale delle due leggi è prevalente. Una definitiva e brutta sorpresa è invece quella sulla tassazione che non sarà quella attuale, ma quella ordinaria applicata sul resto dello stipendio, la principale norma contestata dai sindacati che sottopone il TFR a un forte dimagrimento. La legge di stabilità non entra nello specifico ma leggendo la bozza del governo sul Tfr presentata alcuni mesi fa risulta che per le aziende non dovrebbe cambiare sostanzialmente nulla. Difatti l’opposizione della Confindustria è durata poco.
L’operazione verrebbe finanziata da un apposito “Fondo anticipo Tfr” costituito dalle banche e dalla Cassa depositi e prestiti a sua volta garantiti dal Fondo di garanzia del Tfr presso l’Inps. Tutti questi soggetti, potrebbero “approvvigionarsi sul mercato finanziario e attingere direttamente alle risorse della Banca centrale europea (Bce)”. Dunque le aziende, è scritto nella bozza del governo “continuano ad operare come oggi senza alcuna modifica né nei loro costi né nell’esborso finanziario, versando (come prevede l’attuale normativa) il Tfr all’Inps (le imprese con più di 50 addetti), o seguitandolo ad accantonare in bilancio (imprese con meno di 50 addetti)”.
Il lavoratore che lascia il Tfr in azienda ha sicuramente dei vantaggi. La sua gestione è a costo zero (non è così per i fondi pensione) e viene rivalutato annualmente dell’1.5% + lo 0.75% dell’inflazione e gli interessi da esso maturati vengono tassati dell'11,5% (la metà rispetto alle altre rendite), interessi che verrebbero a mancare se messo direttamente in busta paga. Oltretutto finendo in busta, ad esempio 100 euro al mese, molti lavoratori supererebbero uno scaglione Irpef annuale e pagherebbero più tasse. Persino una ricerca dell'associazione dei commercialisti dimostra che tranne i redditi sotto i 15mila euro, che andrebbero a pareggio, tutti gli altri ci rimetterebbero centinaia di euro l'anno che sarebbero rapinati dallo Stato.
Nei progetti del governo c'è quello d'incassare 4 miliardi di euro in più l'anno, altro che abbassare le tasse. Tanti lavoratori passerebbero anche la quota di 26 mila euro lordi annui che li farebbe perdere la mancia degli 80 euro. Renzi dice che il Tfr in busta paga è a discrezione e non deve decidere lo Stato ma mente sapendo di mentire perché specie chi ha i redditi più bassi sarà costretto a prenderlo per arrivare alla fine del mese o riuscire a pagare la rata della casa o dell'auto. Insomma è una truffa a tutti gli effetti.

14 gennaio 2015

venerdì 6 febbraio 2015

terremoti: le risate di politici e mafiosi

Terremoto dell’Aquila, processo “Grandi rischi”: 6 anni a tutti gli imputati


Condannati i componenti della commissione che secondo i pm "rassicurò" gli abruzzesi 6 giorni prima del sisma del 2009. Continua l'inchiesta su Bertolaso che in un'intercettazione disse: "Quella riunione è un'operazione mediatica". Il pm: "Cercavamo i fatti, non i colpevoli". Boschi: "Sono disperato". De Bernardinis, vicecapo della Protezione Civile: "Innocente davanti a Dio e agli uomini"


Sei anni di reclusione per tutti gli imputati. E’ questa la condannainflitta dal giudice monocratico Marco Billi ai componenti dellacommissione grandi rischi, in carica nel 2009, che hanno rassicurato gli aquilani circa l’improbabilità di una forte scossa sismica che invece si verificò alle 3.32 del 6 aprile 2009 (qui il verbale integrale della riunione). L’accusa aveva chiesto 4 anni per i sette imputati: Franco Barberi, presidente vicario della Commissione Grandi Rischi, Bernardo De Bernardinis, già vice capo del settore tecnico del dipartimento di Protezione Civile, Enzo Boschi, presidente dell’Ingv, Giulio Selvaggi, direttore del Centro nazionale terremoti, Gian Michele Calvi, direttore di Eucentre e responsabile del progetto Case, Claudio Eva, ordinario di fisica all’Università di Genova e Mauro Dolce direttore dell’ufficio rischio sismico di Protezione civile. Sono stati ritenuti colpevoli di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose. Il tribunale ha disposto anche le pene accessorie dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici ed dell’interdizione legale durante l’esecuzione della pena. 
Il giudice Billi ha disposto anche una provvisionale di 7,8 milioni di euro in favore di 56 parti civili. Gli imputati erano imputati per omicidio colposo e lesioni per la morte di 29 persone ed il ferimento di altre quattro. 
Resta l’inchiesta su Bertolaso che intercettato disse: “La riunione è un’operazione mediatica”
Resta aperto, invece, il filone d’indagine su Guido Bertolaso, ex numero uno del Dipartimento della Protezione civile, accusato diomicidio colposo, sempre dalla Procura dell’Aquila. L’attività d’indagine era stata avviata dalla polizia giudiziaria dopo la denuncia presentata nei confronti di Bertolaso dall’avvocato aquilanoAntonio Valentini (che nel processo appena concluso assisteva numerose parti civili) dopo la diffusione di una telefonata intercettata tra Bertolaso e l’ex assessore della Regione Abruzzo,Daniela Stati.

Nella conversazione del 30 marzo 2009, il giorno prima della riunione della Commissione, il capo della Protezione Civile definiva la convocazione degli esperti “un’operazione mediatica” e che la riunione era stata convocata “perché vogliamo tranquillizzare la gente“. Dopo la diffusione su internet, il contenuto della telefonata è stato poi verbalizzato dagli investigatori e trasmesso negli uffici della Procura come notizia di reato. 
L’accusa dei pm: “Le notizie rassicuranti indussero la gente a stare a casa”
Il processo di primo grado è terminato dopo 30 udienze nella piccola aula del tribunale provvisorio dell’Aquila, al Nucleo industriale di Bazzano, nel quale hanno deposto 275 testimoni. Il fulcro del processo è stato il verbale redatto subito dopo la riunione del 31 marzo 2009, 6 giorni che si verificasse il sisma che ha portato distruzione e morte nel capoluogo abruzzese. In quel verbale si riteneva poco probabile un forte terremoto. In particolare i pm contestavano “una valutazione del rischio sismico approssimativa, generica e inefficace in relazione all’attività della commissione e ai doveri di prevenzione e previsione del rischio sismico”. “Sono state fornite dopo la riunione – si legge nel capo di imputazione – informazioni imprecise, incomplete e contraddittorie sulla pericolosità dell’attività sismica vanificando le attività di tutela della popolazione”. Secondo i pm gli imputati “sono venuti meno ai doveri di valutazione del rischio connessi alla loro funzione” anche sotto il profilo dell’informazione. Queste notizie rassicuranti “hanno indotto le vittime a restare nelle case”. 

La commissione, secondo l’accusa, non doveva avere capacità divinatorie. Avrebbe dovuto però calcolare correttamente il rischio di un evento tragico che derivava dallo sciame sismico che era in corso da mesi. Su questo si è sostenuto il quadro accusatorio. “Non si rimprovera, ovviamente, l’assenza di virtù profetiche, ma, più concretamente, una carente valutazione degli indicatori di rischio e una errata informazione” avevano spiegato durante la requisitoria.
L’inchiesta iniziata dopo gli esposti dei parenti delle vittime
I primi dieci esposti presentati negli uffici della Procura della Repubblica dell’Aquila, risalgono al mese di ottobre del 2009 e a presentarli erano state persone che sono scampate alla morte la notte del 6 aprile o da parenti delle vittime che a seguito delle rassicurazioni provenienti da rappresentanti della politica e della Protezione civile, (tutti facenti parte della Commissione) erano rimasti nelle loro abitazioni che, invece, erano crollate a seguito della devastante scossa. Insieme agli esposti era stato allegato diverso materiale, soprattutto interviste audio-video in cui i rappresentanti della Commissione invitavano la popolazione a stare tranquilla.

Il pm: “Una negligenza monumentale”
“Se avessi letto prima di scrivere la requisitoria il rapporto della Commissione del Congresso Usa su l’inchiesta post Uragano Katrina – aveva ribadito nella sua requisitoria il pm Fabio Picuti - avrei probabilmente usato anche io le parole: ‘monumentale negligenza’”. Picuti ha citato espressamente i documenti americani per parlare di “fallimento della leadership”. Nelle fasi finali del processo alla Commissione Grandi rischi entrano quindi anche le vicende a stelle e strisce con l’evento catastrofico che nel 2004 provocò morti e distruzione in Louisiana. La pubblica accusa ha tirato fuori il documento della Commissione d’inchiesta del Parlamento americano per dimostrare come “ci possa essere un difetto di prevenzione e previsione di un rischio”, e quindi gli stessi americani – con una frase scritta che se avessi letto in precedenza avrei usato anche io – sembra far parte della stessa mia requisitoria. Il rapporto Usa dà piena cittadinanza quindi al concetto di difetto di analisi del rischio”.

Boschi: “Sono avvilito e disperato”. L’avvocato di Barberi: “Sentenza sbalorditiva”
Si definisce “avvilito e disperato” Enzo Boschi, ex presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. “Pensavo di essere assolto. Ancora non capisco di cosa sono accusato”. E’ “una sentenza sbalorditiva e incomprensibile, in diritto e nella valutazione dei fatti” secondo l’avvocato Marcello Petrelli, difensore di Barberi. “Una sentenza che non potrà che essere oggetto di profonda valutazione in appello”. Per Filippo Dinacci, avvocato di De Bernardinis, la pronuncia del tribunale “avrà grosse ripercussioni sull’apparato della pubblica amministrazione. Nessuno farà più niente”. 

“Mi ritengo innocente di fronte a Dio e agli uomini” dice lo stesso De Bernardinis, ex vicecapo della Protezione civile e attuale presidente dell’Ispra. “La mia vita da domani cambierà, ma se saranno dimostrate le mie responsabilità in tutti i gradi di giudizio le accetterò fino in fondo”.
“Non ci sono commenti da fare se non quelli del giudice che ha letto la sentenza – dice il pm Fabio Picuti – Tutto il filo conduttore del processo non era la ricerca di colpevoli, ma quella di capire i fatti, perché noi con il compianto procuratore capo, Alfredo Rossini, volevamo solo capire i fatti. L’Aquila ha consentito che si tenesse questo processo delicato e si arrivasse a sentenza”.
Il sindaco Cialente: “Una sentenza per capire, ma il dramma non si cancella”
Quando nell’assemblea a piazza Duomo all’Aquila, convocata dal sindaco Massimo Cialente per parlare della restituzione delle tasse, è arrivata la notizia della sentenza Grandi Rischi è partito un lungo e forte applauso. Cialente ha spiegato che “volevamo questa sentenza per capire, ma il dramma non si cancella. Il comune si era costituito parte civile per chiedere giustizia: ma ora la giustizia la vogliamo anche per tutto quello che è successo dopo il 6 aprile”. “Ci voleva coraggio e i giudici ne hanno avuto. Finalmente un po’ di giustizia per L’Aquila” ha commentato Stefania Pezzopane che il 6 aprile del 2009 ricopriva la carica di presidente della Provincia e oggi assessore al Comune. “Avevo già denunciato l’inganno e la superficialità dei quali si era resa colpevole la Commissione Grandi Rischi. Oggi più che mai sento tutto il dolore per l’inganno che abbiamo subito. Queste persone erano venute all’Aquila con il proposito predeterminato di rassicurarci. Una vicenda terribile – ha concluso l’assessore -. In questa giornata storica per quello che rappresenta, sono vicina agli aquilani, traditi e umiliati ma non vinti”.

Operazione Aemilia, imprenditori ridevano per il terremoto di Modena


Così come avvenne a L'Aquila, anche i costruttori emiliani esultavano per il sisma del 2012 che distrusse Mirandola. E' quanto emerge dalle carte dell'inchiesta "Aemilia" che ha portato all'arresto di 117 persone


Che il sisma del maggio 2012 sarebbe stato un affare ghiottissimo per le mafie radicate al nord non è una novità. Che come all’Aquila anche in Emilia sul sisma si sarebbe riso al telefono, questo ancora non si poteva immaginare. La conversazione è intercettata martedì 29, il giorno delle due scosse che nella bassa modenese faranno ancora più morti rispetto a nove giorni prima. Al telefono ci sono Gaetano Blasco e Antonio Valerio, entrambi residenti a Reggio Emilia e ora in carcere con la accusa di associazione di stampo mafioso, dopo la maxi operazione della Dda di Bologna, che ha portato agli arresti 117 persone: “È caduto un capannone a Mirandola”, spiega Blasco. Antonio Valerio, ridendo, risponde: “Eh, allora lavoriamo là”. Blasco risponde: “Ah sì, cominciamo, facciamo il giro”.
Il dialogo captato dai carabinieri di Modena è solo un dettaglio della strategia di infiltrazione che da quel momento in poi la associazione mafiosa, proiezione delle ‘ndrine calabresi della cittadina di Cutro, perseguiva. Almeno fino a oggi quando è stata smantellata dalla Direzione distrettuale antimafia di Bologna. Una strategia di infiltrazione nei lavori di ricostruzione in cui secondo l’inchiesta dei magistrati di Bologna, è coinvolta anche la casa madre calabrese che fa capo a Nicolino Grande Aracri da tempo in carcere. Ma in cui vengono coinvolte anche le imprese edili più importanti del territorio emiliano. Come la Bianchini Costruzioni. Il numero uno della ditta di famiglia, Augusto, è finito in carcere con la accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo quanto scritto dal giudice gip Alberto Ziroldinella sua ordinanza, la figura di Bianchini era per la associazione criminale da tenere in considerazione, visti i suoi rapporti privilegiati con il potente mondo cooperativo emiliano e con alcuni funzionari delle amministrazioni locali.
Bianchini, anche durante i primissimi mesi in cui si organizza la ricostruzione ha contatti continui con Michele Bolognino, nato a Locri 38 anni fa, e considerato dal pubblico ministero Marco Mescolini e dal procuratore capo Roberto Alfonso, uno dei promotori della’ndrangheta di derivazione cutrese nella zona di Parma e della Bassa Reggiana. Secondo l’accusa, Bianchini consentiva ai membri dell’associazione mafiosa di gestire i lavori ottenuti in appalto dalla sua ditta e che riguardavano soprattutto lo smaltimento delle macerie e in alcuni casi, lavori di ricostruzione. Bolognino, è questa la ricostruzione degli inquirenti, reperiva in Emilia gli operai (principalmente da imprenditori calabresi trapiantati al nord) affinché Bianchini potesse stare dietro ai molti cantieri che riusciva a ottenere. Secondo l’accusa inoltre il meccanismo di retribuzione degli operai inviati da Bolognino a Bianchini, basato su un sistema di false fatturazioni, costituiva un ulteriore vantaggio per Bianchini. Bolognino a sua volta, è la tesi dei pm, tratteneva per sé una parte delle spettanze e infine, collaborando con Bianchini, favoriva l’infiltrazione della sua consorteria mafiosa nel circuito dei lavori pubblici.
Quando a un anno dal sisma, giugno 2013, la prefettura di Modena escluderà la Bianchini Costruzioni dalla White list delle aziende che potevano ottenere appalti pubblici per la ricostruzione nell’Emilia terremotata, la famiglia Bianchini prova a correre ai ripari. Ma secondo l’accusa in maniera illecita. Già a luglio il figlio di Augusto, Alessandro apre una nuova ditta. E ottiene da un funzionario responsabile dei lavori pubblici del comune di Finale Emilia, Giulio Gerrini (già sospettato di avere avvantaggiato illegittimamente la Bianchini Costruzioni), un appalto per la rimozione delle macerie del castello della cittadina. Uno dei simboli della distruzione del sisma. Gerrini e Alessandro Bianchini sono ora ai domiciliari entrambi con l’accusa di concorso in abuso d’ufficio.
Nel post terremoto non ci sono solo edifici pericolanti da abbattere. C’è anche il grande affare delle scuole temporanee. Il sisma arriva all’inizio dell’estate, e una delle promesse del commissario per la ricostruzione Vasco Errani è proprio la regolare riapertura delle scuole a settembre. Bianchini Costruzioni ha lavori in tutto il cosiddetto cratere del terremoto: Mirandola, Finale Emilia, Reggiolo, Concordia. E secondo la ricostruzione dei magistrati di Bologna, attraverso gli operai mandati da Michele Bolognino la ’ndrangheta ha lavorato anche in quelle scuole.

‘Ndrangheta in Emilia, le risate degli indagati sul terremoto: le intercettazioni


Ah… l’hai sentita l’altra scossa? Uhhh…a Carpi pure…pure fino a Cavezzo…stanno facendo una proposta di fare tutto di legno…dobbiamo preparare tutte le società…quattro società sicure!…Secondo me dobbiamo iniziare a lavorare…già un paio di cutresi sono andati prima di noi…eh!…che noi parliamo e quelli fanno”. Risate sul terremoto in Emilia, come all’Aquila. Sono in un dialogo citato nell’ordinanza del Gip tra due indagati, Gaetano Blasco e Antonio Valerio, e riprese in un video diffuso dai carabinieri che ha intercettato una conversazione telefonica tra i due indagati, ritenuti tra gli organizzatori dell’associazione a delinquere di stampo mafioso, contestata nell’inchiesta sulla ‘ndrangheta Aemilia. La telefonata è delle 13.29 e la scossa devastante ci fu alle 9.03

29 gennaio 2015